Inaugurato l’anno accademico dell’ISSR “San Roberto Bellarmino” con una Lectio Magistralis su “Economia e Profezia”

Da Economia di Comunione – Il ritorno da Bratislava, l’allerta meteo e il volo annullato. La soluzione (semplice!) sarebbe stata una telefonata per disdire la lectio. L’alternativa (più complicata!) era cambiare programma. Cercare l’unico volo disponibile per Roma, in un altro aeroporto, per poi raggiungere Capua. La parola data ad un amico, l’impegno preso con una comunità. Il professore Luigino Bruni racconta l’imprevisto e rende ancora più preziosa la sua presenza all’apertura dell’anno accademico dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Roberto Bellarmino” dell’Arcidiocesi di Capua, lunedì 11 dicembre. Nell’introduzione del direttore Antonio Tubiello, il ricordo di Agostino Cilardo, diacono permanente della diocesi e docente di Storia delle Religioni all’ISSR, morto recentemente per un male incurabile.

«La società di mercato negli ultimi anni assomiglia sempre più a una religione con le sue statue, riti e templi». Il professore Bruni, economista con vocazione umanista e appassionato studioso della Bibbia, entra nel cuore della lectio magistralis dal titolo Economia e Profezia tracciando un percorso chiaro con un linguaggio profondo e lucide riflessioni. Operatori pastorali, studenti ed insegnanti ascoltano, curiosi, un economista parlare di Profezia. «Le grandi imprese capitalistiche si stanno accorgendo che per comprare il cuore dei propri dipendenti c’è bisogno di un codice simbolico forte e lo stanno prendendo dalla sfera religiosa» osserva Bruni raccontando, ad esempio, la presenza nelle imprese di coach che cercano di imitare i padri spirituali. E ancora l’uso di parole come missione, vocazione, fedeltà, merito; i finti riti di iniziazione, le pseudo-liturgie di marketing, la ricerca dell’eterna giovinezza. «Le grandi multinazionali si nutrono dei giovani consumando le loro passioni, il loro entusiasmo e la loro incondizionata generosità. Ma – sottolinea il prof. – il registro simbolico più pericoloso, e forse meno evidente, il capitalismo lo sta prendendo, con un balzo indietro di millenni, dal totemismo e i suoi sacrifici. Sacrificio è una parola chiave delle nuove imprese globali: sacrificio di tempo, della vita sociale e famigliare. Con l’inganno di doverne essere addirittura felici, il sacrificio diventa l’atto necessario per poter sperare nel “favore degli dèi”: fare carriera, guadagnare molto, avere stima e riconoscimento dall’alto. E, come nei sacrifici agli antichi dèi e idoli, oggi in queste imprese più si dona tempo e vita più vengono richiesti tempo e vita, finché un giorno esauriamo le nostre offerte».

Ecco allora l’intervento necessario della profezia e dell’economia come “profezia applicata”. «I profeti, la tradizione sapienziale e poi Gesù – continua Bruni – hanno operato una rivoluzione religiosa straordinaria anche per la loro radicale lotta anti-idolatrica. Il profeta svuota il mondo dagli idoli, lo libera dalle ideologie e il cristianesimo ha superato per sempre l’antica logica sacrificale, perché al sacrificio degli uomini offerti a Dio ha sostituito il sacrificio-dono di Dio offerto agli uomini, istaurando l’era della gratuità» (parola che il capitalismo non conosce né riconosce, perché gli idoli non sono sazi mai e non conoscono il dono). Il tentativo di svuotare il mondo dagli idoli e liberarlo dai sacrifici è però ancora in corso perché la tendenza a costruire idoli per adorarli è sempre forte negli uomini. Riscoprire dunque la dimensione profetica della società, dell’economia, della Chiesa è una sfida urgente e prioritaria.

Amico e conoscitore dei profeti, il professore ne restituisce una immagine complessa e meravigliosa: «I profeti sono uomini e donne che ricevono una vocazione, incontrano una voce, e parlano in nome di quella voce distinguendola dalla propria». I profeti veri si sentono sempre inadeguati e spesso il compito del profeta è temporaneo. Hanno un nemico pericoloso, il falso profeta, che generalmente si auto-candida e tende a dire sempre quello che gli altri, soprattutto i potenti, vogliono sentirsi dire. «Invece – evidenzia Bruni – c’è sempre una tensione radicale tra i profeti veri e il potere perché il profeta sa vedere la naturale tendenza di ogni potere a pervertirsi e trasformarsi in tirannia. Lo vede, lo dice, lo grida. Sa che l’unica azione positiva nei confronti dei potenti è la denuncia, la critica, lo smascheramento delle loro reali intenzioni al di là delle parole belle e ruffiane». E infine, il profeta ha uno sguardo diverso sul mondo, è abitato da una luce che gli consente di vedere cose che gli altri non vedono, sempre dalla prospettiva dei poveri e degli oppressi. «La vera sfida per tutti e per ciascuno, come persone, come cittadini e come comunità religiose è quello di non dimenticare i poveri, stare di più nelle periferie, nelle fratture, in quei luoghi dove la vita e l’economia rinascono ogni giorno».

Il commento di Bruni ad una della pagine più belle di tutta la Bibbia, tratta dal libro di Isaia (Is 21, 6-12 ), conclude la lectio magistralis e regala un ultimo tratto, pieno di poesia, umanità e realismo, del profeta: Shomèr ma-millàilah? (Sentinella, quanto manca al giorno?). […] Il profeta è sentinella della notte. Non è uomo o donna della luce, non è abitante del mezzodì. Sa che la notte non è per sempre, l’alba arriverà, ma soprattutto sa di non sapere quando e sa che «è ancora notte». Abita la notte, come tutti, ignorante, come tutti, del tempo dell’aurora. Non chiama la notte giorno, non accende fuochi per spegnere il buio. La conosce, è il suo tempo, e non dà risposte che non può dare. Il profeta non è un astrologo, non sa leggere le stelle, non è un indovino né un aruspice. Non è questo il suo mestiere. Lui è “colui che sta”, rimane nel suo posto di vedetta notturna. E lì spera, attende, crede, non sa, come tutti, con tutti. Ma dialoga con i passanti, parla con i viandanti della notte: «Se volete domandate, domandate ancora, tornate a chiedere» […]. Dunque una lezione “profetica” costruita attorno alle parole sperare e attendere che, come ha sottolineato l’arcivescovo Salvatore Visco nel ringraziare il relatore invitandolo a tornare presto, assume un significato ancora più importante in questo tempo di Avvento, per definizione tempo di attesa e speranza. «L’incontro con i profeti, di ieri e di oggi, ci aiuta a vivere il presente e le notti del mondo con fiducia e coraggio» conclude l’Arcivescovo.

Nel viaggio che mi riporta a Firenze per lavoro, è ancora notte, ma l’alba conquista presto il suo spazio. Le luci dei lampioni non sono più necessarie, le città si animano e il sole è alto. La legge della vita ci insegna che dopo la notte arriva sempre il giorno, in momenti diversi cambiando latitudine, ma la luce torna a regalare calore e colori che ci lasciano sempre senza fiato. E dunque alle diverse latitudini delle nostri notti, più o meno profonde, più o meno lunghe lasciamoci prendere per mano dai veri profeti senza smettere di “domandare, domandare ancora e tornare a chiedere: Sentinella, quanto manca al giorno”?

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