Arcidiocesi di Capua, una winter school per giovani cercatori di senso

Da Economia di Comunione – Troviamo la felicità e la ricchezza di senso della nostra vita, non se la cerchiamo di per sé, ma come risultato del dedicare la nostra vita ad una causa utile per gli altri. Basterebbe questa frase di John Stuart Mill per sintetizzare la winter school di Economia Civile dal titolo: Giovani cercatori di senso. Felicità, lavoro, sostenibilità che 25 giovani della Arcidiocesi di Capua hanno vissuto dal 3 al 5 gennaio. Parrocchie, università, servizio civile, associazioni culturali e movimenti, diverse le realtà coinvolte.
Una esperienza di vita fra lezioni e testimonianze, riflessioni e condivisioni. Gli occhi un po’ assonnati di chi ha appena finito di festeggiare l’arrivo del nuovo anno, i giovani partecipanti popolano la sala Baccarini del seminario diocesano. Un quaderno, qualche articolo sull’economia civile, un po’ di libri da consultare. Vincenzo Mercinelli, direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale Sociale e del Lavoro li accoglie con il loro carico di aspettative e perplessità. La presentazione dello staff e Mercinelli arriva al dunque: «L’economia civile ci offre un nuovo sguardo sulla realtà, un diverso paradigma di sviluppo, inclusivo e biodiversificato, un approccio trasversale e interdisciplinare».
Per parlare di felicità, la prima lezione è affidata a suor Alessandra Smerilli: «Fine delle vacanze natalizie anticipata con gioia per essere a Capua e fare un pezzo di strada insieme a questi giovani». Suor Alessandra, docente di Economia Politica all’Auxilium e socio-fondatore della Scuola di Economia Civile, è da sempre impegnata nello studio e nella ricerca. «L’economia o è civile o è incivile perché avendo a che fare con l’umano non può essere neutrale». E raccontando che «l’economia civile si preoccupa della giustizia mentre cerca l’efficienza» suor Alessandra dimostra agli studenti che parole come dono, gratuità, entusiasmo e cuore sono all’interno del mercato, delle imprese e del lavoro, nascoste forse, ma presenti e decisive. La necessità di accompagnare il cambiamento dei nostri tempi («In una società liquida è importante educare persone solide»!) e si apre la strada ad una profonda riflessione sulla felicità, che è questione complessa. L’etimologia della parola, lo sviluppo integrale della persona, l’immenso tema della fiducia, il paradosso della felicità, l’effetto delle diseguaglianze, i beni relazionali. «É un momento in cui essere giovani può fare la differenza – conclude la Smerilli accendendo la speranza – e là dove non vi viene lasciato spazio, andate a conquistarvelo».
Protagonista della seconda giornata è Johnny Dotti arrivato a Capua per parlare di lavoro. Pedagogista e imprenditore sociale, uomo dalle mille esperienze e scelte concrete, ascoltare Dotti è come stare al centro di un uragano ma legati bene ad una corda. «Cosa è successo al lavoro»? e Johnny porta tutti a bordo di una ideale macchina del tempo: dagli anni ‘70 (almeno!) e la crisi petrolifera, al decennio successivo e il crollo del muro di Berlino, il debito pubblico e la globalizzazione. «Intanto –spiega Dotti – il lavoro scende sotto traccia e la parola d’ordine diventa “consumo” insieme all’affermarsi di teorie economiche che resteranno indiscusse a lungo. L’aumento del debito e la seconda crisi (2007-08) a cui la società sta rispondendo con due pericolose ideologie: la sicurezza (garantita dalla tecnica) e l’efficientismo (chiesto alle macchine e agli uomini). Una crisi di senso dunque che ha bisogno di “contribuzione e sostenibilità” attraverso la costruzione di alleanze da parte di chi si sente responsabile perché libero di generare valore». Johnny risponde alle domande degli studenti smontando certezze e ricostruendo punti di vista dove «l’importante non è vincere o contabilizzare ma vivere un’esistenza in cui non tradire se stessi è come respirare: una vocazione irrinunciabile».
La lezione di venerdì è tenuta infine da Leonardo Becchetti, docente di Economia Politica (Roma Tor Vergata) e presidente di Etica Sgr, per ragionare di sostenibilità. Mente lucida, comunicatività vivace, impegno attivo. Il prof. Becchetti cattura l’attenzione degli studenti con un gioco per dimostrare che gli uomini non sono, per natura, massimizzatori di profitto ma cercatori di senso e «il senso più profondo della loro vita sta nella generatività, cioè nella capacità di generare valore per e insieme agli altri. Desiderare, far nascere, accompagnare e lasciar andare i quattro passi fondamentali per persone, imprese e organizzazioni generative». Dunque cooperazione e la metafora del trapezista, la ricchezza dei territori e il genius loci, i parametri BES oltre il PIL, la tutela delle pari opportunità e la formazione, la circolarità dell’economia e la dignità del lavoro, l’urgenza di politiche macroeconomiche coraggiose. E ancora l’esperienza delle Settimane Sociali, le buone pratiche. Il sistema a quattro gambe e il ruolo dei cittadini attivi, il voto con il portafoglio, i cash mob etici. Con il professor Becchetti si starebbe a parlare per ore! Per fortuna i suoi editoriali continuano a guidarci in un mare di informazioni posticce e mezze verità.
Un ultimo cenno ai pomeriggi della winter school: l’incontro con un mondo che “fa” economia civile mettendo al centro persone e relazioni. Quindi spazio a Simona Internò (Amec) e il suo impegno con i ragazzi delle scuole: le resistenze incontrate, la creatività, l’alleanza con il territorio. Fare rete e valorizzare il territorio sono stati ampiamente richiamati anche da Luca Raffaele (NEXT) che ha sottolineato l’importanza dell’acquisizione di nuove competenze legate allo sviluppo sostenibile e la necessità di impostare relazioni consumatori-imprese basate su fiducia, valutazione e capitale reputazionale. Giovedì pomeriggio i giovani “winterini” ricevono infine un dono nel dono, incontrando Antonio Capece (Ambiente Solidale), Antonio Picascia(Cleprin) e Simmaco Perillo (NCO). Storie di uomini semplici, abituati a cooperare e lavorare promuovendo la qualità dei prodotti e il riscatto sociale, proprio tra Caserta e Napoli dove la camorra non è (solo) il ragazzotto folkloristico delle serie televisive, ma una “cultura” subdola e persistente. «Non siamo eroi e denunciare è un dovere; non abbiamo cercato scorciatoie, abbiamo creduto nello Stato nonostante l’indifferenza generale». Questi tre amici, prima ancora che tre imprenditori, hanno gli occhi un po’ lucidi mentre raccontano che l’etica è con-vincente e ti rende “felice”, resistente ad ogni compromesso, lontano dalla corruzione”. E se lo dicono loro, c’è da crederci!

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