Lettera al direttore di Libero, Maurizio Belpietro, (Falso in Bilancio)

Egregio Direttore,

in questo periodo e soprattutto negli ultimi anni con la discussione in merito alla riforma della Giustizia, che prevede diverse novità, ritorna  il tema del falso in bilancio il quale è stato al centro di dibattiti molto animati. Oggi vorrei porre alla sua attenzione e a quella dei suoi lettori, una mia riflessione su questo tema che spesso ha oltrepassato la semplice analisi tecnico-giuridica e si è fusa con questioni che hanno riguardato l’etica politica e sociale di questo Paese. Il falso in bilancio in parole semplici è inteso come apposizione di poste di bilancio tese a fare risultato diverso da quello effettivo. Ora senza entrare nel merito della questione, la quale presupporrebbe per la sua intrinseca natura e portata un tempo di discussione  maggiore e un approccio interdisciplinare vorrei invece sottolineare alcuni aspetti di questo tema che vengono riflessi nella tematica del bilancio degli Enti Pubblici. I bilanci infatti siano essi pubblici o privati hanno una parte attiva e una parte passiva. La parte attiva è fatta da introiti e da crediti, questi ultimi residui attivi, che in  molti casi superano i 10 anni con conseguente possibilità di perdita del credito vantato per prescrizione o altre cause. Inoltre deve essere evidenziato anche un altro lato della medaglia e cioè che per evitare di avere perdite in bilancio delle amministrazioni pubbliche si preferisce riportare anche questi crediti (residui attivi) che poi saranno spalmati a piacimento o all’occorrenza. Altra chiave di lettura può essere la considerazione che l’immissione di crediti o di previsioni di incassi consenta alle stesse amministrazioni un aumento delle entrate con maggiore possibilità di spesa pubblica. Unico ed impercettibile passo in avanti è stata un recente normativa che prevede l’indicazione nel bilancio pubblico di un fondo crediti di dubbia esigibilità perché ovviamente iscrivere tutte le entrate, anche di dubbia esazione, tende a “gonfiare” i bilanci con la conseguenza di finanziare eventualmente ulteriori spese.

In questo caso cosa succede secondo Lei e qual è il suo pensiero su questo tema? Lo Stato redige una disciplina in tema di falso in bilancio ma dall’altro lato non fa esso stesso un eventuale falso in bilancio in queste occasioni di redazione di un bilancio?  Infatti una minore entrata su quelle previste potrebbe determinare un maggior debito o un aumento del residuo passivo determinando un disavanzo a carico del contribuente. Tutto questo viene determinato da imperizia o da una redazione cosciente?

In questo caso il discorso etico e morale di uno Stato dove va a finire?

Pubblicata il 07/09/2015

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